31 marzo 2007

In visita alla magione d'un vero mecenate

Domenica mattina. Villa borghese, davanti all'ingresso. Attorniato da turisti a sciami. Tutti dotati di macchina digitale per prendere un'immagine di un luogo unico. Dal loro lcd vedono davvero lo spettacolo?
Mi godo un sole inatteso.
Il cannone del Gianicolo batte il mezzogiorno: è la prima volta che lo sento. Tutto attorno c'è un rumoreggiare quieto, nonostante ci siano molte persone. Ognuno si gode il parco.
Passando per il giardino segreto mi fermo ancora a guardare quel biancore che emana la villa. Amo sedere sul bordo della vasca che sta nel mezzo e guardare quel giardino, che sento come mio.
Poi m'infilo nell'ombra di un viale alberato: intanto il cielo s'è fatto grigio di nuovo.

28 marzo 2007

Un altro auriga (stavolta messo peggio): Fetonte

Anche a chi non ne ha visto che stralci, del film Ben Hur resta nella memoria soprattutto la scena della corsa delle bighe. Almeno per me è stato così. E credo che questo sia dovuto alla bellezza di una scena dove si mescolano, in velocità, uomini e cavalli. O semplicemente perchè ti dà la scossa e ti desta dal torpore!!
Ed è probabilmente per la grande carica plastica di tali scene di corse che per la seconda volta, dopo quella dall'Orlando furioso con Elia e Astolfo, compare un'idea per un altro auriga. Stavolta greco, mitico e sicuramente meno famoso di Elia: Fetonte.
Elio, il dio Sole (che è poi un travestimento di Apollo) si innamora di Climene, figlia di Oceano e di Teti. La loro unione genera quattro figli: Fetonte, Egle, Lampezia e Faetusa. Divenuto grande Fetonte realizza di mettersi alla guida del carro solare attorno alla Terra, sostituendo così suo padre. Fetonte inizia così a sorvolare la terra ma i cavalli diventano indomabili e lo portano fuori dalla normale traiettoria del sole, creando enormi disastri: un pezzo di cielo si bruciacchia, e si forma la via lattea. A Zeus non resta che colpire con una sua saetta il giovane Fetonte
per salvare la Terra da sicura distruzione. La madre e le sorelle partono allora per recuperare il corpo del giovane sulle rive del fiume Eridano dove lo piangono sconsolatamente; gli dèi impietositi le mutano allora in pioppi e le loro lacrime in ambra.
Ammetto la mia ignoranza confessando di non conoscere questo mito, pur se Fetonte è citato in un canto dell'Inferno tra i più letti nelle scuole. Mi sono imbattuto nella sua storia leggendo un saggio su Nerone. Dove ho anche trovato l'interprestazione benevola del mito che ora riciclerò a modo mio.

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Fetonte prende il carro del Sole di suo padre Apollo, perchè crede di essere capace di tanta destrezza e nobiltà: per forza, è figlio del Sole! Eppure qualcosa va storto, Fetonte non ci capisce più niente e i cavalli ed il carro vanno fuori dalla traiettoria loro data e per poco non bruciano l'universo. Solo un fulmine scagliato da Giove salva il mondo, facendo però precipitare il giovane Fetonte sulla terra, consumato dalle fiamme.
Cosa pensare di Fetonte e del suo gesto? Potrebbe sembrare alla prima un gesto sconsiderato, e Fetonte quindi un velleitario: la caduta a precipizio dal carro parrebbe allora la giusta punizione per la pretesa di guidare il carro solare, di fare (lui mezzo mortale) qualcosa che è prerogativa deggli dei soltanto. Si potrebbe anche dire che gli dèi ci tenessero a non perdere il posto e si dessero mutua assistenza per mandare in fiasco la concorrenza...
Tuttavia il mito può anche essere interpretato in modo differente, guardando non solo con benevolenza a Fetonte, ma con ammirazione.
Infatti nell'antichità il guidare carri trainati da un gran numero di cavalli era considerato gesto di incredibile perizia e nobiltà. Era cosa da piloti da formula 1! Ed era sopratutto la dimostrazione di essere capaci a mantenere la concordia tra le forze contrastanti ed utilizzarle al meglio. Così Fetonte, col suo tentativo di prendere le redini del carro del Sole, potrebbe essere l'immagine del Principe illuminato, che tenta di mettere ordine nel caos delle forze che è chiamato a sovraintendere e governare, per metterle d'accordo e concorrere ad un grande risultato. E il fatto che questo tentativo sia destinato al fallimento, nulla toglie al suo valore e alla nobiltà del suo gesto.
La storia di Fetonte e della sua caduta è raccontata meravigliosamente da Ovidio nelle Metamorfosi (fine del canto I e tutto canto II); e proprio nel canto II si legge:
Qui giace Fetonte, auriga del cocchio di suo padre;
e se non seppe guidarlo, pure egli cadde in una grande impresa.
Quindi Fetonte pur se arso vivo è da ammirare. Non è la sua velleità ad averlo ucciso: egli ha creduto di poter compiere un'azione sovrumana, lui figlio del Sole.

23 marzo 2007

Le scarpe di Ferruccio Busoni

Finchè non lo vedi veramente, dal vivo, un quadro non ti dice tutto. Puoi avere spiato gli ingrandimenti delle foto, aver visto le scansioni agli ultravioletti, ma qualcosa ti sfugge sempre finchè non l'hai di fronte.
E non parlo di eventuali ingiurie del tempo, spesso invisibili nelle riproduzioni, anche le migliori. E per certi versi nemmeno dei colori che raramente sono resi in stampa così come sono realmente. Ma parlo di pezzi interi di opera, che sfuggono finché il quadro non ce l'hai sotto al naso. E solo allora ti chiedi: come ho fatto a non notarlo prima? Una pennellata piuttosto che una colatura di colore, una vena nel marmo oppure un particolare che salta subito all'occhio ma che prima era sfuggito.
Un caso simile, l'ultimo che mi è capitato, è stato con il ritratto che Umberto Boccioni dipinse del Maestro Ferruccio Busoni, che sta esposto alla Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma (dove l'ho visto, accanto ai dipinti futuristi di Giacomo Balla).
Non avevo infatti notato il particolare dello stivale del compositore, messo lì nel'angolo basso a destra. E che stivale! Nero e tondo che sembra quasi quella di un cartone animato. Ma dove l avevo viste prima? E sì, quelle scarpe sono le stesse di Braccio di Ferro!