Quattro destrier via più che fiamma rossi
al giogo il santo evangelista aggiunse;
e poi che con Astolfo rassettossi,
e prese il freno, inverso il ciel li punse.
Ruotando il carro, per l'aria levossi,
e tosto in mezzo il fuoco eterno giunse;
che 'l vecchio fe' miracolosamente,
che, mentre lo passar, non era ardente.
Orlando furioso XXXIV 69.
Ovviamente ho fatto un copia e incolla da una edizione online: ho una memoria di cacca io. Ed invidio tutti quelli che sgranano poesie a memoria.
al giogo il santo evangelista aggiunse;
e poi che con Astolfo rassettossi,
e prese il freno, inverso il ciel li punse.
Ruotando il carro, per l'aria levossi,
e tosto in mezzo il fuoco eterno giunse;
che 'l vecchio fe' miracolosamente,
che, mentre lo passar, non era ardente.
Orlando furioso XXXIV 69.
Ovviamente ho fatto un copia e incolla da una edizione online: ho una memoria di cacca io. Ed invidio tutti quelli che sgranano poesie a memoria.
Ma andiamo avanti.
Uno sfondo nero. Due cavalli bianchi in primo piano, d'una luce bianca che sembra farli brillare. Altri due s'intravedono accanto. Hanno membra piene. Un occhio vivo e buono verso chi guarda. La criniera scomposta e folta.
Sono attaccati ad un carro dorato, da trionfo.
Appena dietro è il pilota: un vecchio minutissimo e canuto: dall'aria serena. Ha il manto gonfio dal vento, il viso teso. Il soldato d'altri tempi che gli sta accanto ha ricchi abiti e luccicanti, il suo mantello fa uno sbuffo pomposo. In alto una Luna grande e marmorea prende quasi metà della scena, rivolgendo allo spettatore la sua faccia nascosta*: quella preclusa al mondo.
Il cavaliere è Astolfo. Va con Elia a riprendere il senno d'Orlando, finito sulla Luna, insieme a tutti i refusi del mondo.
Ma chi ci dice poi che la scena non è finzione d'una finzione? Che quella Luna non sia di cartone o plastica, appesa davanti ad un drappo sdrucito da teatranti? Che quello è solo un cavallo da tiro e che quell'Astolfo è solo un guitto travestito da paladino? In fondo le zampe dei cavalli non si vedono. E il carro è appena visibile: una sagoma.
Insomma che davanti allo spettatore sia l'immagine d'una recita: finzione d'una finzione, teatro?
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* Per correttezza debbo però dire come nel poema non si fa riferimento all'altra faccia della luna, ma io ce la metto, perchè mi sembra ancora più suggestivo.
Sono attaccati ad un carro dorato, da trionfo.
Appena dietro è il pilota: un vecchio minutissimo e canuto: dall'aria serena. Ha il manto gonfio dal vento, il viso teso. Il soldato d'altri tempi che gli sta accanto ha ricchi abiti e luccicanti, il suo mantello fa uno sbuffo pomposo. In alto una Luna grande e marmorea prende quasi metà della scena, rivolgendo allo spettatore la sua faccia nascosta*: quella preclusa al mondo.
Il cavaliere è Astolfo. Va con Elia a riprendere il senno d'Orlando, finito sulla Luna, insieme a tutti i refusi del mondo.
Ma chi ci dice poi che la scena non è finzione d'una finzione? Che quella Luna non sia di cartone o plastica, appesa davanti ad un drappo sdrucito da teatranti? Che quello è solo un cavallo da tiro e che quell'Astolfo è solo un guitto travestito da paladino? In fondo le zampe dei cavalli non si vedono. E il carro è appena visibile: una sagoma.
Insomma che davanti allo spettatore sia l'immagine d'una recita: finzione d'una finzione, teatro?
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* Per correttezza debbo però dire come nel poema non si fa riferimento all'altra faccia della luna, ma io ce la metto, perchè mi sembra ancora più suggestivo.
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