12 novembre 2006

Astolfo sulla luna

Quattro destrier via più che fiamma rossi
al giogo il santo evangelista aggiunse;
e poi che con Astolfo rassettossi,
e prese il freno, inverso il ciel li punse.
Ruotando il carro, per l'aria levossi,
e tosto in mezzo il fuoco eterno giunse;
che 'l vecchio fe' miracolosamente,
che, mentre lo passar, non era ardente.

Orlando furioso XXXIV 69.

Ovviamente ho fatto un copia e incolla da una edizione online: ho una memoria di cacca io. Ed invidio tutti quelli che sgranano poesie a memoria.
Ma andiamo avanti.
Uno sfondo nero. Due cavalli bianchi in primo piano, d'una luce bianca che sembra farli brillare. Altri due s'intravedono accanto. Hanno membra piene. Un occhio vivo e buono verso chi guarda. La criniera scomposta e folta.
Sono attaccati ad un carro dorato, da trionfo.
Appena dietro è il pilota: un vecchio minutissimo e canuto: dall'aria serena. Ha il manto gonfio dal vento, il viso teso. Il soldato d'altri tempi che gli sta accanto ha ricchi abiti e luccicanti, il suo mantello fa uno sbuffo pomposo. In alto una Luna grande e marmorea prende quasi metà della scena, rivolgendo allo spettatore la sua faccia nascosta*: quella preclusa al mondo.
Il cavaliere è Astolfo. Va con Elia a riprendere il senno d'Orlando, finito sulla Luna, insieme a tutti i refusi del mondo.
Ma chi ci dice poi che la scena non è finzione d'una finzione? Che quella Luna non sia di cartone o plastica, appesa davanti ad un drappo sdrucito da teatranti? Che quello è solo un cavallo da tiro e che quell'Astolfo è solo un guitto travestito da paladino? In fondo le zampe dei cavalli non si vedono. E il carro è appena visibile: una sagoma.
Insomma che davanti allo spettatore sia l'immagine d'una recita: finzione d'una finzione, teatro?

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* Per correttezza debbo però dire come nel poema non si fa riferimento all'altra faccia della luna, ma io ce la metto, perchè mi sembra ancora più suggestivo.

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