20 ottobre 2006

L'architettura di pietra

Un mancato acquisto: un libro sull'architettura di pietra.
Che peccato. Ma mi metto in cerca d'un surrogato internautico dignitoso.
Che sorpresa scoprire che avevo trovato, cercando, proprio il sito a supporto "vivo" del libro che avevo mancato di comprare: l'architettura di pietra, appunto.
E le sorprese continuano: non solo edifici del passato e rispettivi ruderi (tamburi di colonne sparsi, pavimenti archi e mura) ma anche -e sopratutto- progetti e realizzazioni d'oggi. E uno sguardo al futuro: nuovi materiali e nuove tecniche.
Un futuro di pietra, ed è auspicabile.
Per troppo tempo infatti si è visto preferire la formica al granito, e gli hamburger alla pasta e ceci.
Imperava allora il provincialismo peggiore: quello dell'inurbato a tutti i costi, dell'omologazione al modello del fedele consumatore senza più tradizioni.
S'era lasciato cadere il filo della memoria per seguire il verbo del consumo. E non fu solo plastica.
Paesaggi feriti dal cemento ottuso dei casermoni anonimi, dalle case alveari, dalle villette abusive prima e condonate poi: ferite non solo del paesaggio. Erano segni di una sciatteria dello spirito, di un abbrutimento.
Periferie ottuse e massive, pensate per masse indistinte che si voleva restassero eterne educande e spiritualmente sterili: nuovi uomini-bestia da allevare in batterie, come polli; carne buona per le campagne elettorali.
Quell'idea dei cementoni oggi è sconfessata più dai fatti che da una effettiva primavera dello spirito: gli ecomostri non li vuole più nessuno e le periferie massive rendono oggi, a Parigi come a Napoli, il raccolto di tanta cattiva semina.. ma questa è altra storia.
Insomma, dopo anni di cemento (non importa se acuto e razionalista oppure ottuso e palazzinaro) ritorna l'interesse per la pietra.
Il motivo di questo rinnovato interesse credo lo si possa inserire nella generale riscoperta delle nostre radici più profonde, del desiderio di riprendere quel filo della memoria che pareva caduto e smarrito irrimediabilmente. E l'Italia sta alla pietra lavorata come il Giappone al pesce crudo. Quella pietra che, secondo il mito, è insieme seme dell'umanità e lascito della Grande Madre.

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