27 dicembre 2006

Personalità dell'opera

Da un appunto del febraio 2006

Che sia figurativa o astratta, conta che anche il più raziocinante degli uomini messo davanti ad un opera d'arte non stia stia a guardare immediatamente ai materiali di cui è fatta, alla tecniche usate per realizzarla, allo stile etc. Non pensi insomma che ciò che vede è una massa di materia addomesticata.
Conta invece che almeno per un istante egli la guardi come se essa fosse una creatura a sè: cioè avesse una personalità. Quasi uno spirito.
E non parlo dell'artificio (o della rappresentazione). Davanti alle sculture iperrealiste dagli incarnati tanto rosei mi sono sentito come se mi trovassi di fronte a dei manichini artistici. Pur stupendomi per la riccheza dei dettagli, della verosimiglianza, sono rimasti per me meravigliosi assemblaggi di plastiche e vernici.
Davanti alla Venere dei Musei Capitolini invece quasi chiedevo scusa a quella femmina di marmo per averle guardato il sedere tanto a lungo, mentre stavamo io e lei soli soli nella sua stanzetta rotonda. E ancora adesso credo di non aver davvero realizzato che quella bellezza sia effettivamente un blocco di pietra.
E questo che ho appena espresso riguardo il figurativo vale per me anche per l'astratto: davanti alle carte di Kandinskji mai mi sono sognato di credere che quelli erano colori sciolti in acqua: quello era un mondo interiore; una cartolina (musicale) dall'anima.

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